NILOROSSO® NILE RED DRINK Tè ROSSO DEL NILO
100% da agricoltura biologica
NILOROSSO®, molto ricco in mucillaggini, è una bevanda rilassante e digestiva, molto gradevole e leggermente acidula. è indicata nella preparazione di tisane naturalmente colorate e rinfrescanti in ogni stagione.
Modo di preparazione NILOROSSO® :
Mettare 1 cucchiaio di fiori per tazza d'acqua, far bollire pochi minuti e lasciare infondere fino a quando la bevanda assumerà un colore rosso rubino marcato. Dolcificare a piacere.
L'utilizzo certamente più diffuso dei calici di Hibiscus sabdariffa è quello di farne tisana, che in Africa Orientale è consumata fresca d'estate e calda d'inverno; in Giamaica la bevanda tradizionale per il giorno di Natale è preparata aggiungendo all'infuso una punta di zenzero tritato e zucchero secondo il gusto; la miscela si prepara versandovi sopra acqua bollente e lasciando in infusione tutta la notte, si filtra e si serve con ghiaccio ed un poco di rum. La tradizione italiana che, come detto, rimonta alla metà degli anni '30, prevede la decozione
dei calici, lasciando bollire qualche minuto e comunque fino al raggiungimento dell'aroma e del colore desiderati: gradito come bevanda calda, è certamente consigliabile come rinfrescante durante le calde giornate estive in special modo verso sera quando può predisporre ad un tranquillo riposo, anche a causa dell'assenza di caffeina.
Non va sottaciuto il contenuto in mucillagini e fibra.
L'alta concentrazione in polifenoli fa di NILOROSSO® un valido
aiuto per sostenere la funzionalità fisiologica del microcircolo.
Questo prodotto ha inoltre le seguenti proprietà:
- effetto antipertensivo
- effetto ipocolesterolemico
- azione antiossidante
- attività di protezione delle vie urinarie
Confezione: scatola Fiori di Hibiscus sabdariffa 100 g
STORIA
Hibiscus sabdariffa L. deve la propria popolarità in Italia al periodo immediatamente precedente alla Il Guerra Mondiale, quando sostituì sulla tavola di molti Italiani il tè interdetto dalle sanzioni internazionali contro l'Italia a causa della Guerra d'Etiopia. Il nome "karkadeh" in uso nei dialetti eritrei e da lì passato nell'arabo (.iJy.!.IJe5') significa "bevanda della salute". Il nome latino Hibiscus origina dal greco ebisckos, usato anche da Galeno per indicare la malva; Virgilio lo utilizza in due passi delle //Bucoliche// (Ed. Il, 30 e X, 71). Il nome di specie sabdariffa è di origine araba (zubda ar-rifa), significa letteralmente "eccellente se scosso" e potrebbe fare pensare al modo di preparazione della bevanda.
Hibiscus sabdariffa L. appartiene alla famiglia delle Malvaceae; è una pianta annuale, erètta ed a portamento erbaceo, alta circa 2 metri, con stelo liscio o quasi liscio, cilindrico e tipicamente rosso. I fiori nascono singoli nelle ascelle delle foglie e sono grandi anche 12,5 cm, gialli o rosa pallido con occhio rosa scuro o marrone; con l'appassire sul calar del giorno il colore dei petali assume tinte più appariscenti. A questo punto il calice, tipicamente rosso carminio e formato da 5 larghi sepali con epicalice di 8-12 brattee sottili ed appuntite, inizia ad ingrossarsi. Diventa carnoso, cì'occante, ma ricco di succo, lungo ca. 5 cm ed ingloba interamente la capsula vell.utata, lunga a propria volta da 1,2 a 2 cm.
NILOROSSO® , "karkadeh" della varietà più pregiata ("el-Rahad") proveniente dalle regioni dell'Alto e Medio Nilo e certificato biologico
Il calice, gli steli e le foglie sono agri e ricordano da vicino il sapore del mirtillo rosso. Hibiscus sabdariffa L. è probabilmente originario delle Indie orientali ed in particolare delle regioni comprese tra l'India e la Malesia dove è comunemente coltivato. ..
All'inizio dell'epoca storica dovrebbe essere. stato introdotto in Africa. Successivamente è stato distribuito ampiamente nelle regioni tropicali e sub-tropicali di entrambi gli emisferi e risulta ormai naturalizzato in diverse aree dell'America Centrale e Meridionale, in· cui i semi sarebbero stati condotti da schiavi della Nubia.
Il botanico fiammingo Matthaeus de l'Obel pubblicò le proprie osservazioni sulla pianta nel 1576 e la commestibilità dei fiori è censita a Giava già nel 1687.